La plastica negli oceani
La plastica che galleggia sugli oceani, uno dei tanti simboli dell’incuria che spesso abbiamo per il nostro stesso pianeta, può essere una risorsa e tornare a nuova vita, come dimostrato da Adidas e Parley for the Oceans, dalla cui collaborazione è nata una scarpa dotata di intersuola (la parte intermedia tra la parte superiore della suola e quella inferiore) stampata in 3D ottenuta proprio dai rifiuti plastici degli oceani.
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La calzatura, che ovviamente è ancora un prototipo, è stata presentata a Parigi in occasione della COP21, la conferenza sul cambiamento climatico che si è conclusa nei giorni scorsi. L’obiettivo, almeno al momento, non è quello della commercializzazione: la scarpa con intersuola stampata in 3D con plastica riciclata è stata creata allo scopo di “dimostrare come le aziende possono ripensare il design e aiutare a fermare l’inquinamento degli oceani”, spiegano da Adidas.
L’inquinamento da plastica di mari ed oceani è un tema serissimo ed estremamente attuale, dal momento che in tutti gli oceani esistono delle vere e proprie “isole di rifiuti” galleggianti. Quella dell’Oceano Pacifico, la Great Pacific Garbage Patch ha un’estensione che, nella più ottimistica delle stime, viene valutata intorno ai 700.000 km quadrati, ossia all’incirca quanto la penisola iberica. Il risultato? Il 9% del pesce pescato in quell’area contiene plastica, così come gli stomaci di tartarughe ed altre creature marine che vivono nell’area si sono rivelati pieni di plastica e di rifiuti di altro tipo.
“È splendido che i leader mondiali stiano raggiungendo un accordo, ma non dovrebbe esserci bisogno che ci venga detto di fare la cosa giusta”, spiega Eric Liedtke, membro del board Adidas. “L’industria non può più permettersi di aspettare delle direttive. Insieme col network di Parley for the Oceans, abbiamo iniziato ad agire ed a creare nuovi materiali sostenibili ed innovazioni per gli atleti. La scarpa con intersuola stampata in 3D dalla plastica degli oceani mostra come si possano stabilire nuovi standard industriali se iniziamo a mettere in discussione il motivo per il quale creiamo. Vogliamo portare tutte le aziende al tavolo ed iniziare a creare soluzioni sostenibili per i grandi problemi globali”.
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L’idea di una scarpa almeno parzialmente stampata in 3D non è certamente nuova: appena poche settimane fa vi avevamo parlato dei progressi compiuti in questo campo da New Balance. E non è una novità anche l’utilizzo della plastica degli oceani come materiale per la stampa. Il merito di Adidas è quindi quello di aver riunito questi due approcci per creare qualcosa di nuovo. Peraltro, l’azienda tedesca sta anche provando a dare un contributo concreto, come testimoniato dall’annuncio dell’eliminazione delle buste di plastica in tutti i suoi negozi a partire dal primo trimestre del 2016.
Proteggere la vita sottomarina è diventato il 14° obiettivo di sviluppo delle Nazioni Unite: con uno sfondo di buona volontà politica, questo è il momento giusto per trasformare le parole in azioni”, spiega Cyrill Gutsch, fondatore di Parley for the Oceans, un’organizzazione che si occupa proprio della riduzione dell’inquinamento da plastica negli oceani. “Siamo eccitati di avere Adidas a supportarci in questo viaggio ed a mostrare come si possano intraprendere passi concreti nella giusta direzione”.
di: Alessandro Martorana 14.12.2015 11:30 CET
Tratto dal sito: http://it.ibtimes.com/stampa-3d-la-plastica-negli-oceani-diventa-una-scarpa-grazie-adidas-1430320
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Vediamo meglio il problema della plastica negli oceani
La plastica negli oceani è diventata un’enorme preoccupazione ambientale. Si stima che milioni di tonnellate di plastica finiscano negli oceani ogni anno, provenienti da una vasta gamma di fonti, tra cui rifiuti urbani non gestiti, scarti industriali e perdite durante il trasporto e l’utilizzo. Una volta nell’ambiente marino, la plastica può persistere per centinaia di anni e causare danni irreversibili agli ecosistemi marini.
Le conseguenze della presenza di plastica negli oceani sono molteplici. Gli animali marini rischiano di ingerire frammenti di plastica, che possono portare a soffocamento, ostruzione intestinale e morte. Inoltre, alcuni organismi più piccoli possono inglobare particelle di plastica, che possono entrare nella catena alimentare marina e, alla fine, raggiungere anche l’uomo attraverso il consumo di pesce contaminato.
La plastica negli oceani danneggia anche gli ecosistemi marini, distruggendo habitat vitali come le barriere coralline e le praterie di alghe. Inoltre, la plastica in mare può fungere da vettore per organismi invasivi, trasportando specie non native in nuovi habitat e alterando gli equilibri ecologici.
Per affrontare il problema della plastica negli oceani, sono necessarie azioni a livello globale, tra cui la riduzione della produzione di plastica monouso, il miglioramento della gestione dei rifiuti, l’adozione di alternative biodegradabili e compostabili e il potenziamento della raccolta e riciclaggio della plastica esistente. Inoltre, è fondamentale sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di ridurre l’uso della plastica e promuovere comportamenti più sostenibili per preservare la salute degli oceani e dell’intero pianeta.
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